Nel corpo della visione: Riflessioni sull’arte visiva e la sua fisicità – Firenze, febbraio 2025
Questo testo nasce qualche mese fa, durante una settimana trascorsa a Firenze, in inverno.
A quei giorni, segnati da una presenza più raccolta davanti all’arte, appartiene la domanda da cui tutto è partito: in che modo l’arte prende corpo?
È un pensiero che ha preso forma in un momento in cui Arte da Vicino era ancora un’intuizione.
Oggi, mentre mi trovo a Napoli, dopo aver attraversato altri contesti e riconosciuto quanto il luogo possa trasformare lo sguardo, torno a quella riflessione — per mettere in dialogo esperienze diverse di uno stesso sentire.
In che modo l’arte prende corpo? E che rapporto esiste tra ciò che osserviamo e ciò che, nel silenzio, ci attraversa?
A quei giorni, segnati da una presenza più raccolta davanti all’arte, appartiene la domanda da cui tutto è partito: in che modo l’arte prende corpo?
È un pensiero che ha preso forma in un momento in cui Arte da Vicino era ancora un’intuizione.
Oggi, mentre mi trovo a Napoli, dopo aver attraversato altri contesti e riconosciuto quanto il luogo possa trasformare lo sguardo, torno a quella riflessione — per mettere in dialogo esperienze diverse di uno stesso sentire.
In che modo l’arte prende corpo? E che rapporto esiste tra ciò che osserviamo e ciò che, nel silenzio, ci attraversa?
In questa riflessione, ho cercato di ascoltare il modo in cui la presenza dell’arte — la sua fisicità, la sua cura — dialoga con il nostro essere nel mondo.
Un pensiero lento, per chi ama sostare nello sguardo.
Chiedersi che cos’è l’arte è un po’ come chiedersi che cos’è un essere umano – uomo, donna. L’arte è una creazione dell’umanità, e in quanto tale ne rivela la profondità, le possibilità, i margini. Quando creiamo arte, in fondo, stiamo creando un altro corpo: qualcosa che viene dopo di noi, dopo il nostro stesso corpo. È un mistero.
Anche l’arte concettuale, pur nella sua essenzialità, si configura come un corpo. Un corpo visibile, comunicativo. Anche quando sembra immateriale, è comunque presente. La sua esistenza, il semplice fatto che ci sia, la avvicina a un corpo originario. Questo non vale sempre per l’arte digitale, se resta confinata nel virtuale. Ma nel momento in cui viene stampata, fissata, dietro c’è sempre un’intenzione, un gesto di cura.
Ed è proprio la cura ciò che l’essere umano percepisce. La riconosce, la sente. La vede. E la apprezza.
Quando c’è un progetto, e questo è pensato, riconoscibile, distintivo, allora nasce un contatto vero. Anche lo spettacolo, certo, è pensato, ma non ha corpo. È movimento, è transitorietà, e per questo non si presta alla contemplazione.
Il corpo dell’arte è diverso: resta. Si offre come frammento, come angolo da esplorare. E il corpo del cinema? Anche quello ha corpo, oppure si muove a metà tra arte visiva, teatro e spettacolo. Ma l’arte visiva comunica in modo diverso. Il suo corpo si ferma, si immobilizza, e proprio in questo immobilizzarsi si dona. Non fugge. Ti concede tempo: per guardare, per stare, per pensare. Anche per ritrovarti.
Mentre guardi, i pensieri si muovono, scorrono. Ma sei sempre tu a farlo.
L’arte visiva – che sia antica, moderna o contemporanea – si offre.
E lo fa in silenzio.
Grazie.
Un pensiero lento, per chi ama sostare nello sguardo.
Chiedersi che cos’è l’arte è un po’ come chiedersi che cos’è un essere umano – uomo, donna. L’arte è una creazione dell’umanità, e in quanto tale ne rivela la profondità, le possibilità, i margini. Quando creiamo arte, in fondo, stiamo creando un altro corpo: qualcosa che viene dopo di noi, dopo il nostro stesso corpo. È un mistero.
Anche l’arte concettuale, pur nella sua essenzialità, si configura come un corpo. Un corpo visibile, comunicativo. Anche quando sembra immateriale, è comunque presente. La sua esistenza, il semplice fatto che ci sia, la avvicina a un corpo originario. Questo non vale sempre per l’arte digitale, se resta confinata nel virtuale. Ma nel momento in cui viene stampata, fissata, dietro c’è sempre un’intenzione, un gesto di cura.
Ed è proprio la cura ciò che l’essere umano percepisce. La riconosce, la sente. La vede. E la apprezza.
Quando c’è un progetto, e questo è pensato, riconoscibile, distintivo, allora nasce un contatto vero. Anche lo spettacolo, certo, è pensato, ma non ha corpo. È movimento, è transitorietà, e per questo non si presta alla contemplazione.
Il corpo dell’arte è diverso: resta. Si offre come frammento, come angolo da esplorare. E il corpo del cinema? Anche quello ha corpo, oppure si muove a metà tra arte visiva, teatro e spettacolo. Ma l’arte visiva comunica in modo diverso. Il suo corpo si ferma, si immobilizza, e proprio in questo immobilizzarsi si dona. Non fugge. Ti concede tempo: per guardare, per stare, per pensare. Anche per ritrovarti.
Mentre guardi, i pensieri si muovono, scorrono. Ma sei sempre tu a farlo.
L’arte visiva – che sia antica, moderna o contemporanea – si offre.
E lo fa in silenzio.
Grazie.
Le gallerie visitate e alcune mostre in corso adesso / The galleries I visited and some exhibitions currently on view:






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