L’arte che solleva: La trasformazione che l’incontro con l’arte può generare – Firenze, febbraio 2025
Alcuni testi nascono da una parola, altri da un’urgenza. Questo è nato da un sentire: il desiderio di esplorare la forza trasformativa che l’arte può esercitare, quando viene vissuta da vicino.
Lo scrissi lo scorso inverno, sempre a Firenze. A distanza di mesi, con alle spalle altri paesaggi — interiori e urbani — sento che è tempo di farlo riemergere. Perché quel gesto di contatto, tra chi guarda e l’opera, continua ad accompagnarmi.
E oggi, più che mai, vale la pena tornare a chiederselo: cosa solleva davvero l’arte?
A volte l’arte non guarisce, ma accompagna.
In questo testo mi sono lasciata guidare dalla sensazione che la vicinanza con l’opera — nel farla o nell’incontrarla — possa produrre uno spostamento, anche minimo, che però cambia il sentire.
Un invito a esplorare la dimensione sottile e trasformativa del gesto artistico.
Che cosa cura, davvero, l’arte? E quale trasformazione porta, in chi la crea e in chi la vive?
Osservare l’arte, sentirla da vicino, o essere immersi nell’atto del creare, è come affondare dentro qualcosa. È un gesto che supera la superficie, che scavalca il limite e ci spinge oltre noi stessi. In quel processo, ci ritroviamo a riconoscere le tante facce dell’altro, ma anche le tante facce di noi. È lì che nasce un risvolto di significato.
Tutto ciò passa attraverso il corpo, ma anche attraverso la visione, la percezione. A volte potrebbe sembrare sufficiente. Ma non basta.
L’effetto più profondo avviene in presenza, quando siamo fisicamente davanti all’opera. In quel momento, qualcosa colpisce – e non è solo personale: è culturale.
L’arte è un costrutto simbolico, che filtra attraverso l’immagine e arriva a toccare corde intime, umane. Anche quando la consapevolezza non è piena, qualcosa agisce in profondità.
Gli effetti dell’arte, in fondo, non si possono mai conoscere del tutto.
Perché l’arte radica e penetra.
E produce almeno due movimenti: da una parte il rispecchiamento, che ti fa riconoscere e radicare; dall’altra, il tocco profondo, che fa affiorare possibilità dimenticate.
Scuote la memoria di Sé, della Vita, della Conoscenza. E di una forma più ampia di libertà.
Attraverso la mia esperienza – e attraverso l’immagine, il corpo dell’arte – cerco di restituire qualcosa: un passo in più, un sentire diverso, che possa farci vivere meglio.
Più vive.
L’arte solleva, e in quel gesto di elevazione ci riporta alla vita.
Alla stessa vita di prima, ma ricalibrata in armonia con ciò che è presente, con la realtà che ci circonda, con chi ci è simile.
L’arte parla di questa somiglianza: con l’altro, con se stessi.
Conoscere è essere.
Conoscere è scavare, silenziosamente.
È ciò che arte e vita fanno insieme, in reciproco accudimento.
Curo te, per curare me stessa.
Lo scrissi lo scorso inverno, sempre a Firenze. A distanza di mesi, con alle spalle altri paesaggi — interiori e urbani — sento che è tempo di farlo riemergere. Perché quel gesto di contatto, tra chi guarda e l’opera, continua ad accompagnarmi.
E oggi, più che mai, vale la pena tornare a chiederselo: cosa solleva davvero l’arte?
A volte l’arte non guarisce, ma accompagna.
In questo testo mi sono lasciata guidare dalla sensazione che la vicinanza con l’opera — nel farla o nell’incontrarla — possa produrre uno spostamento, anche minimo, che però cambia il sentire.
Un invito a esplorare la dimensione sottile e trasformativa del gesto artistico.
Che cosa cura, davvero, l’arte? E quale trasformazione porta, in chi la crea e in chi la vive?
Osservare l’arte, sentirla da vicino, o essere immersi nell’atto del creare, è come affondare dentro qualcosa. È un gesto che supera la superficie, che scavalca il limite e ci spinge oltre noi stessi. In quel processo, ci ritroviamo a riconoscere le tante facce dell’altro, ma anche le tante facce di noi. È lì che nasce un risvolto di significato.
Tutto ciò passa attraverso il corpo, ma anche attraverso la visione, la percezione. A volte potrebbe sembrare sufficiente. Ma non basta.
L’effetto più profondo avviene in presenza, quando siamo fisicamente davanti all’opera. In quel momento, qualcosa colpisce – e non è solo personale: è culturale.
L’arte è un costrutto simbolico, che filtra attraverso l’immagine e arriva a toccare corde intime, umane. Anche quando la consapevolezza non è piena, qualcosa agisce in profondità.
Gli effetti dell’arte, in fondo, non si possono mai conoscere del tutto.
Perché l’arte radica e penetra.
E produce almeno due movimenti: da una parte il rispecchiamento, che ti fa riconoscere e radicare; dall’altra, il tocco profondo, che fa affiorare possibilità dimenticate.
Scuote la memoria di Sé, della Vita, della Conoscenza. E di una forma più ampia di libertà.
Attraverso la mia esperienza – e attraverso l’immagine, il corpo dell’arte – cerco di restituire qualcosa: un passo in più, un sentire diverso, che possa farci vivere meglio.
Più vive.
L’arte solleva, e in quel gesto di elevazione ci riporta alla vita.
Alla stessa vita di prima, ma ricalibrata in armonia con ciò che è presente, con la realtà che ci circonda, con chi ci è simile.
L’arte parla di questa somiglianza: con l’altro, con se stessi.
Conoscere è essere.
Conoscere è scavare, silenziosamente.
È ciò che arte e vita fanno insieme, in reciproco accudimento.
Curo te, per curare me stessa.
Le gallerie visitate e alcune mostre in corso adesso / The galleries I visited and some exhibitions currently on view:






Commenti
Posta un commento